Gian Battista Tonon non sa che rispondere quando gli chiedo cosa avrebbe voluto fare nella vita, se si era mai visto lontano da un mondo di caglio e mozzarella. Una domanda sciocca, ma per uno come lui – che a capire le dinamiche del latte ce lo aveva messo il padre, quand’era ancora un ragazzo – pare abbia un certo peso. Risponde dopo un lungo sguardo al soffitto, con sincerità: “Me lo sono chiesto anche io, ma non sono mai riuscito a darmi una risposta. Forse perché non conta veramente il fatto che qui si faccia mozzarella, quanto invece lo spirito con cui la facciamo.”
Durante la visita al caseificio Tonon – recentemente ristrutturato negli spazi e nelle tecnologie – mi accorgo di come l’occhio sia rivolto all’innovazione e alla qualità, senza dimenticare l’importanza delle tradizioni. Il mio è un discorso da depliant penso, e poi lo dico. Gian Battista mi spiazza cambiando discorso: “Secondo te come si fa una buona mozzarella?” Gli dico che non lo so mentre ne intreccia una, calda di filatura. Allora lui arriva al punto: “Con un buon latte, no?”
Al Caseificio Tonon non è questione di “compro-trasformo-vendo”, lo si capisce in fretta. Ciò che conta è il rapporto genuino con gli allevatori e la voglia di valorizzare la materia prima naturale. “Altrimenti non si è veramente attaccati al territorio,” dice Gian. “Pensala così: io ti vendo la mia mozzarella, valorizzando quindi il lavoro degli allevatori, creando assieme a loro un lattefieno biologico, e tu di riflesso, che sai come trattare questa materia, fai lo stesso servendola sulla pizza.”
È un filo, direi, quello che lega il Caseificio Tonon alla nostra pizzeria, simbolo di un rispetto inflessibile nei confronti di quello che viene prima e la voglia di guardare avanti.